Per cambio destinazione d’uso di un immobile si intende l’avvicendamento della destinazione di utilizzo urbanistico per quel che riguarda il titolo abilitativo in possesso dell’immobile in questione dalla sua realizzazione. Il tutto è regolamentato dal D.P.R. 06/06/2001 n. 380, ovvero il Testo unico dell’edilizia), e dagli artt. 6,10,22 e 23 che regolamentano i titoli abilitativi per la realizzazione di eventuali interventi sull’immobile in considerazione.
Successivamente l’art. 65-bis del D.L. 24/04/2017 ha modificato il precedente articolo, ridefinendo le condizioni e la definizione per quel che riguarda gli interventi tecnici di restauro e di risanamento, in modo tale da andare a modificare la destinazione d’uso dell’immobile in oggetto.
In Questo Articolo Si Parla di:
Cambio destinazione d’uso urbanistico
Per destinazione urbanistica si intende il riconoscimento di un immobile mediante diverse specifiche caratteristiche strutturali e architettoniche, da non confondersi con i criteri utilizzati per attribuire la categoria catastale dello stesso che serve, invece, per stimare il valore ai fini prettamente fiscali.
Difatti, quest’ultima non incide sulla considerazione del cambio di destinazione in quanto si occupa di determinare se un particolare tipo di immobile produce reddito o meno, ma può comunque influire sulla valutazione urbanistica modificando l’autorizzazione a procedere da parte delle entità competenti, in caso di larghe modifiche riguardanti i requisiti igienico-sanitari, strutturali, di sicurezza e simili, regolamentati dalle norme in vigore relative al settore.
Tali destinazioni ad uso urbanistico sono catalogate nelle cosiddette Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale, in breve NTA del PRG, e variano in base a dove è situato l’immobile. Per semplificare è possibile suddividere le categorie in commerciale se si tratta di strutture adibite alla vendita che a loro volta si suddividono in piccole, medie, grandi, pubbliche, di servizi e altre.
Per valutare il fine urbanistico di un immobile, o meglio la sua destinazione d’uso, viene preso in considerazione prevalentemente la superficie utili e i relativi termini.
Cambio destinazione d’uso: La legge e i cambiamenti
L’articolo e il decreto che l’ha modificato, sopra citato, ha stabilito quali sono i cambiamenti considerati urbanisticamente rilevanti e che quindi hanno bisogno che sia presente un titolo abilitativo edilizio specifico. In definitiva, si tratta di un utilizzo dell’immobile in questione che viene modificato rispetto a quello risalente alla sua realizzazione, e che quindi avrà una nuova assegnazione diversa dalla funzione per cui è stato creato e adibito.
L’immobile potrà variare la sua categoria in turistico-ricettiva, commerciale, residenziale, rurale e produttiva-direzionale.
Il cosiddetto cambiamento come destinazione d’uso è sempre consentito se non viene intaccata la funzione urbanistica, o meglio se non vi sono applicate modifiche considerate urbanisticamente rilevanti, a meno che non vi siano delle complicazioni derivanti da leggi regionali specifiche o da strumenti relativi all’urbanistica comunale dove l’immobile risiede.
A prescindere dal tipo di cambiamento riguardo la destinazione d’uso dell’immobile, che sia urbanisticamente rilevante o meno, la procedura può essere realizzata con la presenza di interventi edilizi, o ugualmente senza di essi. Se le categorie che vengono modificate dell’immobile hanno la stessa funzione, e quindi non ci sarà bisogno di intervenire con l’edilizia ad esempio, si dovrà comunque predisporre del titolo abilitativo edilizio previsto a seconda della loro natura e importanza.
Cambio destinazione d’uso in Edilizia
Nel caso invece si dovesse intervenire con l’edilizia, e quindi ci siano variazioni della struttura dell’immobile sia di minore che di maggiore entità, si entrerà nella definizione cosiddetta organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, e dunque bisognerà disporre del Permesso di costruire, pagando la quota destinata alla costruzione, in quanto verrebbe modificata la destinazione d’utilizzo dell’immobile in questione.
Ma grazie all’art. 65-bis del D.L. 50/2017, si è giunti ad una conclusione più semplice e funzionale. Difatti, sarà possibile non ottemperare alla richiesta di autorizzazione e di permessi sopra citati, per cambiare la destinazione d’uso dell’immobile, anche in caso di ristrutturazione o restauro conservativo, se la struttura non modifica in alcun modo la sua funzione e il suo obiettivo urbanistico.
Dunque, si potrà operare soltanto grazie alla comunicazione di inizio lavori se non vengono intaccate le componenti strutturali dell’intero immobile, se invece sì, bisognerà richiedere la Segnalazione certificata di inizio attività, denominata SCIA.
Infine, se si tratta solo di una ristrutturazione edilizia di entità minore che non tocchi la struttura dell’edificio, ma volta a modificare soltanto in parte e in minore entità l’immobile, bisognerà possedere la SCIA, sopra citata, se non viene modificata la volumetria nel complesso. Bisognerà rifornirsi del Permesso di costruire se invece dovesse essere modificata.
Se l’immobile in questione è presente nel centro storico del comune in considerazione, avere la SCIA, a prescindere dalle condizioni in essere, sarà indispensabile come il Permesso di costruire. Avendo la prima, si può fare a meno della seconda, se la SCIA è sostitutiva.
La manutenzione ordinaria e straordinaria non sono classificate come cambio di destinazione d’uso dell’immobile, e dunque non configurabili in qualsiasi contesto sopra citato.