Il mercato immobiliare tricolore è in ripresa, ma contrariamente a quanto accade nel resto d’Europa, ove la crescita del mattone fa registrare picchi del 5%, i prezzi delle case sono sostanzialmente fermi. A testimoniare il dato è Eurostat, mentre tra le cause di questa situazione vengono indicate la stentata ripresa e un eccesso di offerta che non si riesce a smaltire.
Fattori i quali vanno ad aggiungersi ad altri che affliggono ormai da tempo il nostro Paese, come stipendi e pensioni spesso troppo bassi e una tassazione che continua a sconsigliare l’acquisto dell’abitazione. Un mix di problemi che continua a pesare notevolmente sul mercato immobiliare, che pure dovrebbe rappresentare un volano dello sviluppo, in concorso con l’edilizia.
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La ricetta di ABI: destinare l’invenduto all’edilizia convenzionata
Proprio per cercare di dare forza alla ripresa del mercato, in alcuni ambienti è stata di recente ripresa una vecchia proposta lanciata nel 2013 dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ovvero quella di destinare perlomeno una quota di invenduto all’edilizia sociale, un piano che prevede l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti e il varo di un vero e proprio Piano Casa. Una proposta che però sembra destinata a rimanere solo sulla carta, almeno per il momento, anche in considerazione delle fibrillazioni politiche intorno alla CDP.
Allineare i prezzi delle case a quelli degli stipendi
Il vero problema che continua ad affliggere anche il mercato immobiliare, in Italia, è quello derivante dal fatto che molto spesso gli stipendi sono troppo bassi. Peraltro a questo dato deve essere aggiunto quello di una disoccupazione giovanile ancora elevatissima, tale da impedire quindi l’accesso al mercato di vaste fasce di persone le quali dovrebbero essere le naturali destinatarie della proposta privata.
In un quadro di questo genere non stupisce quindi come l’Italia vada in controtendenza. Mentre il valore delle abitazioni cresce in maniera stentata anche in aree urbane come Roma e Milano, va infatti registrata la salita messa in evidenza da metropoli europee come Parigi, Barcellona, Madrid, Lisbona, Helsinki o Copenaghen.
Il problema delle aree edificabili
Tra le proposte tese ad abbassare i prezzi delle case, considerato come il discorso relativo all’aumento delle retribuzioni continui ad essere molto sgradito in un Paese come il nostro che sembra intenzionato a fare concorrenza sui mercati internazionali comprimendo il costo del lavoro, torna perciò in auge quella relativa al costo delle aree edificabili.
A parità di caratteristiche costruttive e di localizzazione, la differenza di prezzo tra le gli alloggi per l’edilizia convenzionata e quelli del mercato libero deriva principalmente dal diverso valore che viene ad essere attribuito all’area edificabile.
A tenerlo basso nel caso dell’edilizia convenzionata è la contrattazione tra il comune e l’impresa di costruzione, mentre nell’edilizia libera è il mercato a stabilirne il valore.
Considerato il numero limitato di proprietari dei terreni agricoli che vengono trasformati in edificabili, questo valore continua ad essere molto alto, con gli ovvi riflessi sul quadro generale. Soltanto la volontà politica potrebbe quindi cercare di influire sui prezzi, abbassandoli al livello dei salari.
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