La crisi economica ha avuto conseguenze molto pesanti per il nostro Paese, mettendo in ginocchio buona parte del ceto medio e rendendo ancora più cospicuo il numero dei poveri, anche per effetto di una stretta creditizia ancora evidente, che ha sempre più ristretto i criteri di accesso da parte di un’economia reale in grande affanno. In un quadro di questo genere, si è andata ad inserire una riforma del mercato del lavoro che ha in pratica spazzato via l’articolo 18, instillando insicurezza nei lavoratori, che non hanno più la garanzia del posto fisso.
Proprio per quanto riguarda l’occupazione, va ricordato come a livello mondiale si sia verificata una vera e propria polarizzazione, che ha visto la qualifica media perdere sempre più posizioni, a vantaggio di quella alta e bassa, sempre più ricercate dalle imprese.
A ricordare questi dati è stato di recente Andrea Brandolini, nel corso dell’assemblea annuale delle cooperative sociali di Legacoop Emilia Romagna, che ha inteso fare il punto su quanto sta accadendo.
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In Italia un indice elevato di automazione
Secondo Brandolini, l’Italia avrebbe un indice elevato di automazione, tale da costituire un potenziale pericolo per la forza lavoro. Ammonterebbe al 10% la quota dei lavoratori messi in grave pericolo da questo processo di ulteriore affinamento tecnologico e al 40% quelli in pericolo.
A confermare questi dati concorre peraltro il rapporto elaborato da McKinsey, A future that works, secondo il quale in Italia la metà dei lavori, tra il 49 e il 51%, potrebbe essere svolto da automi.
Naturalmente, alcuni settori si prestano più di altri alla sostituzione meccanica. In particolare sarebbero a rischio posti di lavoro nelle manifatturiere e di costruzioni, nelle aziende agricole, nelle strutture ricettive in generale, presso fast food ei ristoranti, nella grande distribuzione in generale, negli istituti bancari, nelle compagnie assicurative, nelle società di consulenza finanziaria, nel giornalismo cartaceo e nei call center. Una prospettiva che dovrebbe destare preoccupazione nel mondo della politica, che invece sembra non accorgersi di niente.
L’automazione potrebbe favorire l’occupazione?
Se da alcune parti si guarda con grande preoccupazione all’automazione, parlando addirittura di fine del lavoro, va però sottolineato come alcuni addetti ai lavori sostengano invece come essa in realtà distruggerebbe una serie di qualifiche rendendole inutili, ma promuoverebbe la produttività, portando inoltre al varo di nuove figure professionali. In un processo di questo genere, sarà la formazione ad assumere una rilevanza sempre più profonda e proprio da questo punto di vista le preoccupazioni sono molto diffuse.
Nella fascia tra i 25 e i 34 anni, l’Italia è infatti ultima in Europa per percentuale di laureati, con appena il 22,4%, mentre sono appena tre su dieci i diplomati che si iscrivono all’università. Se il trend non verrà invertito nei prossimi anni, per il nostro Paese ci saranno non pochi problemi ad affrontare il mercato del lavoro nel futuro. Proprio per questo motivo da più parti si inizia a richiedere un sistema che preveda ad esempio un reddito di base per chi non dovesse riuscire ad entrare in un mercato così particolare, in modo da non escludere del tutto ampie fasce di popolazione dal consumo.