Ora delocalizzare non è più di moda. A mutare il quadro negli ultimi anni è stata la crescita vertiginosa dell’automazione, che ha dato vita all’industria 4.0 costringendo molti imprenditori a tornare sui propri passi. A partire da Benetton, il quale ha deciso di riportare la produzione di maglioni a Castrette, nell’hinterland trevigiano, all’interno di un nuovo sito produttivo di 1500 metri quadri, ove sarà realizzata una linea senza cuciture. Proprio il venire meno della manifattura, che in Oriente costava molto meno, ha spinto il brand a tornare indietro, acquistando per la produzione 36 macchine giapponesi Shima Seiki che utilizzano un unico filo per l’intero capo, annullando gli sprechi di lana.
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Un vero e proprio paradosso
Quello che sta accadendo è un vero e proprio paradosso. Se da più parti si afferma come l’automazione distruggerebbe posti di lavoro, a partire da un report dell’ONU secondo il quale addirittura i due terzi degli impieghi attualmente esistenti sarebbero a rischio estinzione, la rivoluzione digitale riuscirebbe invece, almeno per ora, là ove ha fallito la politica, spingendo il rientro delle produzioni spostate all’estero.
Lo dimostra anche il caso di Fiamm, storico marchio vicentino che produce batterie per auto, che solo dopo anni si è accorta della scarsa produttività della joint-venture indiana e della difettosità che era ormai una regola nella fabbrica varata nella Repubblica Ceca. Del resto Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, ha provveduto a mettere in guardia Asia, Africa e America Latina con lo studio intitolato Robot and Industrialization in Developing Countries, ricordando che proprio in quei quadranti l’impatto dell’era dei robot sarà più pesante. Il caso di Benetton e Fiamm ne è la controprova: che senso ha produrre in Asia, se poi i prodotti devono essere venduti in Europa?
La qualità fa la differenza
Se i problemi derivanti dal costo del lavoro e delle forniture energetiche rimangono sul tappeto, almeno nel caso del manifatturiero si fa sempre più evidente la richiesta di qualità dell’utenza. Inoltre non va sottovalutato il discorso relativo al legame con il territorio. A ricordarlo è Beghelli, l’azienda emiliana che ha deciso di ridimensionare la produzione in Cina e Repubblica Ceca, riportandone buona parte in Emilia Romagna. Va anche sottolineato come proprio il legame con il territorio e la sua cultura, ovvero il Made in Italy, sono in grado di riversare su questi marchi un prestigio incommensurabile, sminuito nel corso del tempo proprio dalle delocalizzazioni.
L’importanza dell’automazione
In un quadro di questo genere, si viene quindi a delineare una inedita alleanza, quella tra l’estro e la bravura degli artigiani locali e la precisione e il costo contenuto dei robot. Ai primi spetta in pratica il valore aggiunto, ovvero far brillare la propria attitudine a progettare e inventare, ai secondi l’attuazione di quanto creato a livello intellettuale. A seguire una strada di questo genere sono per ora soprattutto la grande moda, l’elettronica e il comparto delle macchine utensili, almeno stando all’ultimo rapporto elaborato dal Cer (Centro Europa Ricerche), nel 2015, il quale ha inteso precisare che il 70% dei casi di rimpatrio si concentra in questi settori.