Quando si parla di lavori da effettuare all’esterno della propria abitazione, specie se in ambito condominiale, è bene essere al corrente di tutte le norme vigenti su questo tipo di lavori e su come comportarsi in caso di abusivismo e lesione dei diritti altrui.
In questi casi, infatti, mantenere buoni rapporti di vicinato per risolvere incombenze quotidiane può essere utile, ma non basta a livello giuridico.
Diversi sono i cavilli a cui fare molta attenzione, tra cui il diritto di servitù di passaggio e l’autorizzazione ai lavori. Secondo la legge, infatti, il nostro vicino non può, di propria iniziativa, eseguire alcuna opera che danneggi l’esercizio della servitù o lo renda più incomodo, come ad esempio il passaggio sull’ingresso principale. Per effettuare un tipo di lavoro del genere è, dunque, necessaria la nostra autorizzazione per decidere se rinunciare o meno al nostro diritto.
Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e come comportarsi.
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Come ottenere l’autorizzazione
L’ottenimento dell’autorizzazione è totalmente a discrezione del proprietario del fondo, ma ci sono casi in cui, nonostante la sua negazione, è possibile ugualmente esercitare la prosecuzione dei lavori; in particolare il proprietario è costretto a permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo al fine di costruire o ristrutturare un muro o altra opera propria del vicino o in comune, sempre dietro apposito riconoscimento di necessità, e dietro eventuale adeguata indennità in caso di danni.
La concessione sul fondo altrui è, infatti, subordinata anche da un giudice, il quale si occupa di procedere ad una complessa valutazione della situazione dei luoghi, al fine di accertare se la soluzione prescelta sia l’unica o sia quella che consenta il raggiungimento dello scopo nel minor tempo possibile e con il minor sacrificio.
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Servitù di passaggio
Come abbiamo visto, esistono dei limiti al diritto di proprietà, sanciti dalla cosiddetta servitù di passaggio. Ma cos’è e come funziona il suddetto diritto?
È bene sottolineare, innanzitutto, che è il codice civile a disciplinare il diritto reale di godimento su cosa altrui, definito servitù; secondo la legge, infatti, ai sensi dell’art. 1027 del codice civile, “la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”, e nell’art. 42 Cost. il legislatore “determina i modi di acquisto, di godimento, ed i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
In parole povere, il proprietario di un bene può godere di esso nei limiti in cui tale godimento sia giustificato da un interesse generale o da un’utilità sociale, e affinché sussista la servitù è necessario che i fondi siano adiacenti, appartenenti a proprietari differenti e che vi sia un’effettiva utilità di questi. È, dunque, configurabile una servitù tra unità immobiliare di proprietà esclusiva e parti condominiali.
Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente, volontariamente, per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Le spese relative all’esercizio della servitù sono destinate esclusivamente al titolare; il proprietario non è, dunque, tenuto a pagare nulla né a compiere alcun atto per rendere possibile l’esercizio della stessa, salvo diverso accordo o salvo che la legge o il titolo disponga altrimenti.